Viaggio in Libia in camper
I Viaggi della Famiglia Bacci - Dicembre 2006/Gennaio 2007- 14 Marzo 2015
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Un viaggio affascinante anche se faticoso: circa 6000 chilometri percorsi, tra camper e jeep. Un viaggio facile, tutto sommato: le strade sono generalmente buone, giusto qualche buca o qualche dromedario suicida ogni tanto. In Tunisia va calcolata una media di 60 km/ora per via dell’attraversamento dei paesi.In Libia abbiamo tenuto anche i 100 km/ora. Peccato non aver avuto più tempo per visitare anche la Cirenaica, sarà per la prossima volta!
Unico consiglio non vi fate ingannare dalla collocazione geografica e portatevi un bel piumino: fa un freddo cane! Per quanto riguarda i bambini non hanno risentito della lunghezza dei trasferimenti. Basta partire con una compagnia adeguata: i nostri hanno passato tutto il tempo su un unico camper a guardare film, giocare a carte ed al mercante in fiera. Un ringraziamento a Romano e Federica ed a Stefano ed Elisabetta del Campering Club che hanno organizzato il tutto, risolto le rogne e soprattutto si sono prodigati nel coccolarci.
20/12 Partiamo con quasi 4 ore di ritardo da Civitavecchia con la Grimaldi. Sono le 3.30 del mattino e siamo stanchi. Durante la notte la nave recupererà gran parte del ritardo.
21/12 Arriviamo alle 18.15 al porto della Goulette di Tunisi ( non ci sono navi che vanno a Tripoli e quindi il passaggio è obbligato dalla Tunisia). Facciamo subito rifornimento lungo la strada per Tunisi città ed andiamo a dormire nel solito parcheggio in Avenue Mohamed vicinissimo al centro. Uno di noi ha subito forato ma a nonostante l’ora tarda troverà un gommista aperto.
22/12 Partenza alle 7.30. Oggi ci attende una lunga tappa di km. 650 fino al confine libico seguendo le indicazioni per Sousse e poi Sfax- Gabes-Medenine. Sosta culturale ad El Jem per riammirare il maestoso anfiteatro romano. Tra la sosta ad El Jem ed un’altra per un pranzo veloce arriveremo al confine alle 19.
Ci trattengono in frontiera un paio d’ore non si sa bene perché. Nell’attesa veniamo incuriositi da una fila interminabile di camion vecchissimi ( OM) che trasportano mattoni,: la Libia deve essere in pieno boom edilizio ma anche piuttosto arretrata se non hanno nemmeno fornaci che producono mattoni. Con la frontiera libica le cose vanno meglio forse per la presenza della guida e del poliziotto fornitoci dall’agenzia libica ( Alawi) i quali hanno provveduto anche alle targhe libiche. Cambiamo soldi subito al di là della frontiera, viaggiamo per circa una mezz’ora e poi ci fermiamo a dormire. Sono le 23 che qui, con un’ora in più di fuso , sono le 24.
23/12 Partenza alle 8. Ci fermiamo dopo poco per fare rifornimento e riempire le taniche di gasolio. Il gasolio costa una cifra ridicola ( circa 0,05 euro al litro), i distributori ci sono in tutti i centri abitati, anche se molto piccoli, ma capita di trovarli, ironia della sorte, a corto di carburante. Lungo la strada numerosi ceck point dove alacri poliziotti ti fermano più per curiosità che per altro. Costeggiamo Zuwara ed altri paesini dove si notano case lussuose con parabole gigantesche ed estrose cisterne dell’acqua. In breve il paesaggio diventa monotono: appena ci allontaniamo dalla costa gli olivi ed i salici lasciano il posto al Dahar, una zona semi desertica dove l’unica vegetazione sono bassi cespugli spinosi, l’unico elemento verticale sono i pali della luce. Lunga discussione con Paolo sull’opportunità di impiegare tanto tempo nell’avvicinamento alla meta (Ghadames oggi, il deserto, quello bello, poi). Alla fine entrambi concordiamo sul fatto che il viaggio in macchina, anche se attraverso un panorama così piatto e monotono, è l’unico che ti permette , non dico di capire un paese ma, almeno di farsene un’idea. Inoltre se la mente è sempre occupata nel fare o nel vedere perde la capacità di astrazione che viene dal non fare nulla, e la nostra vita si riduce ad una serie di eventi, di atti materiali, insomma diventa più povera.
Un paio d’ore prima di arrivare a Nalut si iniziano a vedere all’orizzonte le montagne che come tutte le montagne della Libia( Jebel) hanno la cima piatta.Raggiunte le montagne, con un’ultima arrampicata arriviamo a Nalut antico granaio fortificato. Breve pranzo e poi in cammino verso Ghadames dove arriveremo tardi a causa di uno dei nostri camper che si è guastato. Lo lasceremo a Ghadamese dove verrà caricato su un camion e portato a Tripoli per la riparazione ( si è bruciata la guarnizione della testata e qui non possono ripararlo). Dormiamo nell’area antistante uno degli alberghi di Ghadames dove ci riforniamo d’acqua.
24/12 Al mattino con calma visitiamo il museo di Ghadames, reso interessante dalla bravura della guida locale, e la vecchia città. La parte antica è complessa, labirintica e misteriosa, ma il fatto che gli abitanti negli anni ’80 l’abbiamo abbandonata, anche se l’ha preservata da scempi moderni, la rende morta. La guida ci spiega che d’estate, con 55 gradi, all’interno la temperatura si mantiene di 15 gradi più bassa e la sua sinuosa architettura fa sì che il terribile Ghibli, il vento del deserto,all’interno del labirinto si trasformi in una brezza gentile. Pranziamo all’interno di una tipica casa gadamesina tutta decorata in rosso. La parte nuova della città è piccola ed insignificante e nel pomeriggio, dopo una breve spesa ( i mercati sono ben riforniti di frutta e verdura) facciamo una passeggiata nel deserto. Per la cena della vigilia abbiamo preso in affitto una graziosa sala di un altro albergo dove ci forniscono l’apparecchiatura menter noi provvederemo alla cena. Ognuno porta qualcosa ma il cuoco principale è e sarà per tutto il viaggio il mitico Roberto. Abbiamo Babbo Natale che distribuisce doni ai bambini ( Arcangelo travestito) ma anche le donne del gruppo ricevono tutte un bracciale grazie alla gentilezza di Gianni. Per me addirittura una torta di compleanno completa di scritta e candeline, tirata fuori, in questo posto dimenticato da Dio, come un coniglio dal cappello da Romano. Karaoke e brindisi fino a tarda serata.
25/12 Si riparte, ci attendono 600 km di deserto brullo e sassoso. Ogni tanto incontriamo un gregge di pecore, ci chiediamo cosa mangino e soprattutto, dove vanno? Unico diversivo il doveroso pranzo di Natale. Mettiamo i camper a cerchio per ripararci dal vento ed imbandiamo una lunga tavolata. In una sosta carburante ne approfittiamo per telefonare da un telefono pubblico. In Libia i telefonini non prendono tranne che a Seba ed a Tripoli. Nel pomeriggio al piattume sassoso si sostituisce una catena di montarozzi dalle cime piatte e nere( scopriremo poi essere pietre di origine vulcanica). Arriviamo alle porte di Seba verso le 21.
26/12 Partenza alle 9. Facciamo rifornimento e via verso , finalmente, il deserto delle nostre fantasie con le dune e le palme. Svelato il mistero dei camion pieni di erba che abbiamo visto passare il giorno innanzi: quando sei nel mezzo del deserto più arido e sassoso e vedi passare continuamente camion carichi d’erba provenienti da sud ti stupisci non poco. la soluzione è nell’oasi che circonda Seba, campi e campi irrigati producono il foraggio che viene imballato ai margini delle strade.
A Takerkiba ci sono due campeggi uno accanto all’altro ai piedi di una grande duna, noi siamo al Takerkiba. Docce e carico d’acqua e preparazione dei bagagli per l’indomani. Cena al ristorante del campeggio, cous cous non male, sala gelida.
27/12 Lasciamo i nostri camper nel campeggio e partiamo con le jeep sempre forniteci dalla solita agenzia Alawi. Le jeep sono vecchiotte tranne una, la nostra ha glia ammortizzatori sfondati ed insieme alla guida ballerina del nostro autista provocherà non pochi malesseri. Con molta flemma ( sosta carburante, sosta colazione fatta nemmeno mezz’ora dopo la partenza e durata 1 ora, sosta pranzo) arriviamo ad AL-Uwaynat nel primo pomeriggio da dove lasciamo la strada asfaltata per la pista . Al nostro seguito c’è il camion cucina che in teoria dovrebbe precederci e prepare i pasti in pratica non sapendo la strada ci segue e così quando ci fermeremo per i pasti dovremo sempre attendere 1/2 ore a seconda se del pranzo (pasto freddo) o della cena ( pasto caldo). Nel pomeriggio tardo arriviamo ai piedi dell’Akakus nella zona delle grandi dune. Dalla cima di una duna ci godiamo uno spettacolare tramonto del sole sulle cime dell’Akakus. I bambini sono letteralmente impazziti e si buttano giù dalla cima delle dune rotolando in tutte le maniere.Lunga attesa della cena al freddo e al gelo, Paolo ha la febbre da stamani e tutto questo gran freddo non gli deve giovare. Nella tenda invece si sta caldi e ci addormentiamo presto.
28/12 L’Akakus è un altopianotra i 700/800 metri dove tra la sabbia rossa si innalzano pinnacoli e torrioni di rocce nere o di arenaria rossa. Vediamo l’enorme arco naturale di Fozzigiaren , il uadi Tashwinat con le sue incredibile pitture preistoriche ma, soprattutto scorraziamo in lungo e largo. Facciamo numerose soste a causa di una delle jeep che ogni tre per due si scassa. Pare, secondo il proprietario della nostra agenzia, che in Libia sia molto difficile importare fuoristrada nuovi perchè Gheddafi ha paura che li utilizzino per fargli un attentato ( leggenda metropolitana?) e comunque difficilissimo trovare pezzi di ricambio: conclusione perderemo metà del nostro tempo in attesa della rianimazione di questa carcassa morente che esalerà il suo ultimorespiro la mattina dell’ultimo giorno. Pernottiamo nell’Akakus. Ci arrampichiamo in cima ad uno dei torrioni nei: lo spettacolo è stupefacente, a 360° un susseguirsi di canyon , guglie, montagne.
29/12 Mattinata nell’Akakus e poi viaggiamo costeggiando le dune del deserto del Murzuk dove ci fermero a sera a dormire. La richiesta di una jeep nuova nel caso dell’organizzazione di un viaggio nel deserto dovrebbe essere prioritaria perchè tra il puzzo di benzina, le asperità del terreno, i sedili sfondati e gli sterzi ballerini, questi spostamenti possono essere veramente massacranti . Nel nostro caso solo il capogruppo ha avuto la fortuna di avere una jeep nuova e confortevole. Poco prima di arrivare sul posto dove dormiremo abbiamo la fortuna di vedere due fennec o volpi del deserto simpatici animaletti completamente bianchi. Ultima notte fra le une.,speriamo di ritornaci e di non trovare uno sfacelo. Il governo libico non è evidentemente interessato a tutelare il patrimonio naturale che possiede, il turismo è affidato ad imprenditori privati: l’Akakus in teoria èun parco ma non c’è nessuno che impedisca di buttare la spazzatura per terra ( ho visto mucchi di lattine, pneumatici vecchi buttati nella sabbia) o di danneggiare i graffiti e le pitture.
30/12 Attraversiamo quello che qui chiamano l’Oceano di pietra un nome che è tutto un programma: una distesa di pietre laviche, un paesaggio desolato che non vorresti mai attraversare d’estate. All’improvviso siamo arrivato al Matandush, un uadi dove migliaia di anni fa ignoti artisti hanno inciso nella pietra una fauna variegata di elefanti, giraffe, bubalus antiqus ( raffigurazione che è servita allo studioso Mori per la datazione secondo il mammifero guida: il Bubalus si è estinto alla fine del Olocene quindi le incicsioni sono antedenti tale periodo), coccodrilli, ippopotami e cacciatori son archi e bastoni nonchè i famosi gatti mammoni. Il Matendush dal punto di vista geomorfologico è un canalone che divide l’altopiano del Messak dall’Oceano di pietra e le dune del Murzuk. Le incisioni oltre allo straordinario valore storico, sono bellissime. Peccato che le trivellazioni per il petrolio che vengono fatte lì vicino crepino e facciano cadere i massi doveè incisa questa straordinaria galleria d’arte. Pomeriggio rientro al campeggio, lunghissima doccia e cena tranquilla al calduccio.a pizza tutti insieme e poi i saluti.
31/12 Partenza con le solite jeep per la regione dei laghi . Nei dintorni di Takerkiba c’è questo piccolo deserto sabbioso, Ramlat ad-duwadaah, dove ci sono vari laghetti di acqua salata ( non ci è dato sapere quanti sono esattamente che dice 20 chi 13) di cui alcuni ormai secchi. La pista si arrampica sulle dune con grande divertimento dei bambini. Il paesaggio è da presepe: in mezzo alle dune punteggiate di palme si aprono limpidi laghetti dove d’estate si può fare il bagno, una vera oasi di tranquillità e pace. Noi ne visitiamo quattro per un totale di una settantina di chilometri..
La sera cenone ( si fa per dire, il menù prevedeva agnello e riso coincidendo il nostro capodanno con la loro festa dell’Agnello in ricordo del sacrificio di Abramo ) nel ristorante del campeggio . Balli arabi e poi fuochi d’artificio intorno al falò acceso dal nostro fuochista Claudio per festeggiare la mezzanotte (libica).
01/01/2007 Sveglia alle sette. Ci attende un lungo e noioso viaggio per raggiungere Leptis Magna ( ci aspettavamo km 900 poi risulteranno 1100). Finalmente dopo Beni Walid il paesaggio cambia ed al solito piattume che ci ha accompagnato fin ora si sostituiscono delle catene di montagne: sono montagne basse, circa mt 800/900 e senza punta come lunghi altopiani. La cosa che ci colpisce di più però sono le macchie di colore della pianura dove al giallo della colza si alternano chiazze color lavanda di un fiore selvatico che non conosciamo: dopo tanti toni color terra questa esplosione di colore ci rallegra e rincuora.
Arriviamo a Leptis Magna alle 11 di sera dopo 15 ore di viaggio e dormiamo nel parcheggio della zona archeologica.
02/01/2007 Alle 9 iniziamo la visita guidata delle rovine di questa un tempo opulenta città , prima il museo e la città ed infine l’anfiteatro che va raggiunto in auto. La pronuncia della nostra guida è piuttosto ostica e quindi dopo poco decidiamo di girare per conto nostro. Le terme sono grandiose come pure la basilica ed il raffinatissimo mercato. Splendido l’Arca di trionfo. Verso le 14 partiamo per Tripoli dove arriviamo circa due ore dopo e parcheggiamo nel centralissimo parcheggio delHotel sul lungomare vicino alla Piazza verde. Visitiamo la medina con la moschea Karamalli, la Gurgi ed altre di cui non ricordo il nome. Le moschee sono interdette ai non mussulmani ma grazie ai gentili custodi si possono ammirare dalle finestre. Vediamo anche la casa Karamalli esempio di una abitazione tipica borghese. Per tutto il nostro giro veniamo scortati da nostalgici anziani signori ce evidentemente hanno piacere ad esercitare il loro italiano ed a sparlare di gheddafi. Nella zona moderna Tripoli è una bella città, un misto fra Napoli (il lungomare, i palazzi primi dl novecento) e Livorno ( i portici fascisti) ma molto arretrata. Sera in ristorante di pesce, la guida lo dava per uno dei migliori ma si è mangiato così così.
3/1/2007 Al mattino visita all’imperdibile Museo archeologico (apertura ore 9) che è ospitato nel castello Rosso prospiciente la Piazza Verde. Il Castello non si può più visitare (chiuso per restauri). Partiamo alle 11 per Sabratha.
Arriviamo alle 13. L’unico modo per arrivare a Sabratha senza guida è quella di pagare un tassista perché oltre ai soliti cartelli i arabo la strada in città è piuttosto complicata piena di svincoli e rotatorie. Pranzo veloce e poi visita guidata alle 14. Evidentemente con le guide abbiamo sfortuna perché anche questa parla un italiano improbabile, ma la vista del magnifico teatro, personalmente il più bello che abbia mai visto, e le rovine incorniciate fra cielo e mare ci ripagano ampiamente. Abbiamo poco tempo e saltiamo sia il museo punico che quello romano. Ripartiamo alle 16 ed alle 18 siamo in frontiera. Stavolta con due ore e mezzo ce la caviamo. Dormiamo a Gabes dove arriviamo verso la mezzanotte dopo un avventuroso cambio di gomme di Stefano ( nonostante qui i gommisti siano aperti anche la notte la gomma non potrà essere riparata perché squarciata.
04/01/2007 Il gruppo si divide chi si ferma a comprare datteri, chi mosaici, chi si ferma a mangiare. Ci diamo appuntamento al porto per la sera. La strada fino a Sousse è a due corsie stretta e trafficata da camion lenti e , come all’andata la nostra media è sui 70 chilometro l’ora.Dopo la Libia la Tunisia ci sembra il paradiso terrestre: verde, pulita con distese ordinate di ulivi . Arrivati a Tunisi ci fermiamo per un breve giretto alla Medina per fare gli ultimi acquisti. Dopo Tripoli Tunisi mi sembra ancora più bella e moderna di come la ricordavo. Alle 18 siamo alla Goulette: c’è chi fa gli ultimi acquisti di ceramica in porto che decisamente è il posto meno caro dove acquistare inoltre sono molto dipponibili a scambi con pasta, tonno e altri generi alimentari. Partiamo quasi in orario.
05/01/2007 Dopo un lungo scalo a Palermo arriviamo a Salerno a sera. Ultima pizza tutti insieme e poi i saluti.
(Di Nicoletta Bacci Berlendi)