Iran: viaggio nell’antica Persia
I viaggi della Famiglia Bacci - Dicembre 2013/Gennaio 2014- 12 Febbraio 2014
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VIAGGIO IN IRAN 26/12/2013 – 06/01/2014
Una premessa: noi avevamo poco tempo ed abbiamo scelto un viaggio organizzato volo+ autobus con autista ma avendo più tempo questo è un bellissimo viaggio da fare in camper. L’Iran è un paese sicuro e gli iraniani sono la quintessenza dell’ospitalità e gentilezza. La guida che abbiamo avuto in Iran, di cui dò in fondo i recapiti, ha già guidato gruppi di camperisti e si è resa disponibile anche per il disbrigo delle formalità doganali ed i visti. L’arrivo dalla Turchia consentirebbe di vedere anche l’Iran del nord che noi non abbiamo visto, che è completamente diverso, molto verde, ed anche di allungarsi fino al Golfo Persico dove ci sono delle belle isole. Il periodo più indicato è la primavera che permette di vedere un Iran più verde, non avere problemi con la neve e non soffrire il caldo estivo.
26/12 Partiamo da Malpensa volo Turkish delle 18.55, per il check- in va presentata la lettera fornita dall agenzia in cui c è scritto che prenderemo il nostro visto all arrivo, in più sul passaporto non ci devono essere visti israeliani. Arriviamo in breve ad Istanbul dalla quale ripartiamo all 1.10 ( ora locale un ora in più rispetto all Italia).
27/12 Arriviamo a Teheran alle 5.40 ( ora locale differenza di fuso con l Italia due ore e mezzo). In aeroporto prendiamo il visto di entrata € 40 a testa, non servono le foto e le fotocopie del passaporto che ci eravamo portati ma solo la richiesta visto che ci era stato fornito dall agenzia ed la compilazione del modulo che forniscono lì. Inizia il nostro viaggio nell antica Persia ( il nome Iran gli fu dato dallo scià Reza Kan nel 1935 e viene da ariano, a sottolineare l origine ariana della popolazione).
La prima cosa alla quale ci si deve abituare è quella di mettersi il velo sempre, appena si esce dalla camera dell’albergo e va tenuto anche al ristorante o in albergo. All’inizio è una seccatura ma poi si fa l’abitudine ; io per non farlo cadere ho adottano il metodo iraniano che consiste nel farsi uno chignon o una coda alta e poi appuntarlo con delle forcine o mollette. Qualcuno si è messo una fascia elastica e lo appuntava lì. Comunque scordatevi i veli da suora : anche se si vedono moltissime ragazze struccate con cappa nera e velo da suora ( ma sotto sono vestite come noi), anche perché ad esempio per le universitarie è obbligatorio vestirsi così, si vedono moltissime ragazze ma, anche signore, con il velo appuntato con nonchalance che lascia uscire folte masse di capelli neri ma spesso biondi ( tinti) e trucchi pesanti di occhi e labbra. Per contro non abbiamo mai visto braccia nude quindi niente magliette ma solo camicie a manica lunga e pantaloni. Comunque noi abbiamo visitato l’Iran mentre faceva freddo per cui la testa coperta faceva anche piacere. A proposito del freddo va detto che è necessario vestirsi a strati perché i locali pubblici o privati ( alberghi, ristoranti ecc) sono tutti surriscaldati per cui si rischia di fare la sauna.
Aggiunto: 26/12 Partiamo da Malpensa volo Turkish delle 18.55, per il check- in va presentata la lettera fornita dall’agenzia in cui c’è scritto che prenderemo il nostro visto all’arrivo, in più sul passaporto non ci devono essere visti israeliani. Arriviamo in breve ad Istanbul dalla quale ripartiamo all’1.10 ( ora locale un’ora in più rispetto all’Italia).
Aggiunto: 27/12 Arriviamo a Teheran alle 5.40 ( ora locale differenza di fuso con l’Italia due ore e mezzo). In aeroporto prendiamo il visto di entrata € 40 a testa, non servono le foto e le fotocopie del passaporto che ci eravamo portati ma solo la richiesta visto che ci era stato fornito dall’agenzia ed la compilazione del modulo che forniscono lì. Inizia il nostro viaggio nell’antica Persia ( il nome Iran gli fu dato dallo scià Reza Kan nel 1935 e viene da ariano, a sottolineare l’origine ariana della popolazione).
All’uscita ci aspetta la nostra guida Reza con l’autista. Arriviamo all’albergo in centro, se si può trovare un centro in una città di 13 milioni di abitanti. Lungo la strada dall’aeroporto abbiamo avuto occasione di ammirare, si fa per dire, il faraonico mausoleo di Komehini: per essere un uomo semplice non c’è che dire.
L’Hotel il Parsian Enghelab fa parte della catena degli alberghi dell’AITO , l’agenzia statale iraniana per il turismo che ha organizzato il viaggio per l’agenzia italiana Il Genio del Bosco. E’ un bell’albergo ed anche la colazione è varia e buona, da provare assolutamente lo yoghurt ( eccezionale in tutto l’Iran), e il succo di ciliegia. Qui in Iran si trovano spesso punti dove fanno spremute di arance fresche ed altri succhi come quello di melagrana. Sono le 7.30, dormiamo un’oretta ed alle 9.30 ci troviamo nella hall per iniziare la nostra visita della città. Fa caldo e si sta senza cappotto. Teheran è una megalopoli bruttina, con un traffico pazzesco, un inquinamento atroce e non troppe attrattive. Per girare c’è una metropolitana e gli autobus ma noi non ne abbiamo usufruito.
Il Museo archeologico che si trova nella zona universitaria insieme ad altri musei, è interessante ma anche un tantino deludente. Per entrare bisogna consegnare all’ingresso zaini e borse. L’ingresso è di rial 150.000 cioè al cambio del nostro viaggio € 1= 40.000 rial ( cambio dei cambiavalute, in banca € 1= 37.000 rial) circa 4 euro ed è la cifra standard degli ingressi a musei e moschee. Qui l’inflazione galoppa quindi tutte le informazioni sui costi vanno prese con beneficio di inventario. Fare i conti è complicato all’inizio perché si ragiona in termini di milioni ( € 100= 8 milioni di rial). Per semplificare le cose quasi sempre i prezzi che vedete esposti sono in Tumam ( 1 tumam = 100 rial) quindi bisogna ricordarsi per fare cambio di aggiungere due zeri . Visto la storia millenaria della Persia mi aspettavo un Museo del Cairo, invece è un piccolo museo che si visita in un’oretta ( compreso spiegazioni), anche se ci sono reperti eccezionali come il bassorilievo proveniente da Persepoli. Comunque la nostra guida ne approfitta per darci una prima infarinatura di storia iraniana.
Ci sono i reperti dei primi insediamenti dell’età del bronzo provenienti dalle colline (in realtà sono degli ziggurat)di Sialk vicino a Kashan che poi andremo a visitare, alle testimonianze del periodo degli Elamiti una popolazione (1220-850 a.c.) coeva ad assiri e babilonesi sviluppatesi nella parte occidentale dell’Iran di cui rimangono le testimonianze di Susa (Sush) e Choga Zanbil (ziggurat vicino a Susa), autrice, secondo gli iraniani, della scrittura cuneiforme che normalmente è attribuita ai siriani. I siriani infatti sostengono che il codice di Hammurabi, ritrovato a Susa ( Iran), sia stato trovato lì perché portato come bottino di guerra . La parte più importante sono le testimonianze del periodo achemenide ( 550-330 a.C.) ,( l’impero fondato da Ciro il grande che dopo aver sconfitto i medi , altra popolazione ariana molto affine ai persiani che s i era insediata nel nord dell’Iran, e conquistato Babilonia e liberato degli ebrei, unificò sotto il suo potere un territorio che comprendeva l’attuale Iran, Iraq, Afghanistan, Turkmenistan, Turchia ed Egitto), con reperti provenienti da Persepoli, una delle quattro capitali dell’impero insieme a Susa ( capitale degli elamiti), Ectabana ( ex capitale dell’impero medo), Pasargade. La scelta delle capitali non è casuale e testimonia la continuità tra la popolazione elamita, i medi ed gli achemenidi. Dopo la fine dell’impero achemenide ad opera di Alessandro Magno si succedettero i Seleucidi ed i Parti ed infine i Sasanidi. Il periodo sasanide è considerato essere uno dei periodi più importanti della storia della Persia, in quanto costituì l’ultimo grande impero iraniano prima della conquista musulmana e dell’adozione dell’Islam. I Sasanidi si scontrarono più volte con l’impero romano fino alla cattura dell’imperatore Valeriano nella battaglia di Edessa nel 260 d.c.. Ai Sasanide è dovuta l’adozione come religione di stato dello zoroastrismo, religione tuttora presente in Iran.
Parlare di storia, anche così remota, non è inutile se si vuol capire l’Iran attuale. Difatti gli iraniani tengono molto alla loro origine ariana, non vogliono essere assolutamente confusi con gli arabi che li hanno conquistati nel 642 d.C. ed islamizzati, e tuttora le loro feste più importanti, le loro usanze e principi derivano da questi lontani progenitori.
Dopo aver visitati il Museo archeologico prendiamo il nostro autobus e ci dirigiamo verso la parte nord di Teheran , la parte alta e più ricca: qui si vedono grandi e lussuosi palazzi ( di gusto orientaleggiante) e grattacieli ed anche più verde. Nela parte bassa invece , a parte la zona centrale commerciale, prevalgono costruzioni in mattoncini gialli di due o tre piani, nello stile delle costruzioni della maggior parte della periferia araba. Arriviamo al Sa’d Abad Complex Museum. Il complesso è una tenuta ,residenza estiva dello scià Reza Pahlavi , all’interno della quale ci sono parecchi edifici adesso adibiti a museo. La tenuta è quasi 10 ettari con molti alberi in prevalenza platani. Visitiamo una specie di Casa Bianca, un tempo casa di rappresentanza con bellissimi ed enormi tappeti persiani, bei mobili francesi e porcellane tedesche.
Andiamo subito con il pullman che ci aspettava all’aeroporto , a visitare il mausoleo di Hafez, un poeta di Shiraz del 1300 molto amato in Iran. Hafez in Iran è un’ istituzione, anche le persone meno colte lo conoscono e ne citano le poesie (ghazal). Questa è una delle tante contraddizioni dell’Iran: in un paese dove si suppone che l’erotismo è bandito, ma scopriremo l’esatto contrario, il poeta più amato è uno che nelle sue canzono inneggia all’amore, ai piaceri della vita, al vino. Viene venerato come da noi un santo al quale si rivolgono preghiere e domande: il suo divan (una specie di canzoniere) viene aperto a caso dopo aver formulato una domanda alla quale verrà risposto con la poesia. All’entrata del mausoleo ci sono dei ragazzi con dei pappagallini che scelgono per voi in una scatola un cartoncino tra molti , su ognuno dei quali è scritta una poesia; il cartoncino prescelto sarà come un oracolo o un oroscopo.
La nostra guida dice che le poesie di Hafez si prestano a questo scopo perché hanno un valore universale nel quale ognuno di noi si rispecchia. Il servizio è, credo, a pagamento ma, per i begli occhioni azzurri di mia figlia è in omaggio. Il mausoleo è stato costruito intorno al 1930 da un francese che vi traslò le spoglie del poeta: è un bel giardino di aranci al cui centro si erge un padiglione di marmo aperto sotto il quale c’è la tomba del poeta. Nei giardinetti laterali ci sono altre tombe di poeti minori. La tomba è, come dicevo, oggetto di venerazione: la gente la tocca, prega, si inginocchia. Un bel luogo dove riposarsi e passeggiare. Dopo il mausoleo visitiamo la Madrasa o scuola coranica di Han dove un mullah ( pare che questa dizione sia dispregiativa quella corretta è Ruani) gentile si sottopone alle nostre domande. I mullah si distinguono in quelli con il turbante nero ( discendenti di Maometto) e quelli con il turbante bianco. Si fanno fotografare molto volentieri ma solo con uomini non accanto a donne. Il cortile della Madrasa è decorato con maioliche ed ha all’interno un giardino di arance amare ( le abbiamo provate).
Il nostro prete ci chiarisce le differenze tra sunniti ( il mondo arabo) e gli sciiti ( gli iraniani), sui loro studi e sulle loro gerarchie. In sostanza tutto risale alle lotte di successione dopo la morte di Maometto. Per gli sciiti la linea di successione parte dal genero di Maometto, Alì , marito di Fatima, mentre per i sunniti parte dal suocero. (A proposito in Iran la festa della mamma è il giorno della nascita di Fatima, quello del papà il giorno della nascita di Alì). Per gli sciiti ci sono dodici Iman, si parte da Alì fino al dodicesimo Iman o Iman nascosto. L’iman nascosto in seguito a delle persecuzioni si rifugiò dentro una montagna dalla quale, secondo le loro credenze, uscirà un giorno come il nostro Redentore per salvare gli sciiti. La nostra guida dice che più semplicemente gli iraniani sono diventati sciiti per far dispetto agli arabi, fatto sta che una delle ricorrenze religiose più importanti in Iran è la rievocazione della morte di Hossein , figlio di appena sei mesi di Alì, avvenuta nel 680 d.c. a Kerbala, attuale Iraq, ad opera dei crudeli sunniti.
L’omicidio di Hossein e l’eccidio di Kerbala segnano l’epilogo di una lotta scatenatasi per il controllo della comunità musulmana nascente, all’indomani della morte di Maometto e che sancì la definitiva divisione dei musulmani in sunniti e sciiti. Per questa ricorrenza gli iraniani osservano un mese di lutto e nelle città si rievoca il fatto portando in giro una culla maxi formato. Sempre legato alla rievocazione della morte di Hossein è una forma di rappresentazione sacra iraniana il Ta’ziyè, unica forma di drammaturgia tradizionale originata dal mondo islamico.
Dopo la madrasa visitiamo lì vicino una moschea del 1800 costruita da un mercante di tappeti per il suo quartiere, la moschea di Nasirol Molk, con bellissime maioliche. Nonostante la città di Shiraz vanti origini molto antiche ed abbia conosciuto vari periodi di splendore, i suoi resti più interessanti risalgono quasi tutto al periodo in cui fu capitale sotto Karim Khan fondatore della dinastia Zand (1750-1795): dei periodi precedenti purtroppo non è rimasto molto a causa dei terremoti e dell’invasione afghana avvenuta subito prima del regno di Karim. Sempre lì vicino visitiamo la casa decorata a specchi circondata da un bel giardino del Noryastan del 1800. Ci infiliamo poi nel vicino bazar molto bello tutto a mattoncini con due grandi piazze decorate con ceramiche. All’interno del bazar pranziamo in una casa da the a due piani.
In Iran si mangia bene: la predominanza è il chelo kebab ( kebab con riso) , ma ci sono vari piatti di riso conditi con verdure varie come lenticchie ( ce ne sono di moltissime qualità), melanzane. Lo yoghurt è buonissimo come pure la panna e la pasticceria superba, non fatevi ingannare dall’aspetto zuccheroso perché è veramente buona. Il pane è quello arabo in diverse varianti dall’ottima variante tipo schiacciatina secca di Yazd (buonissima) alla simil -piadina ottima calda ma, gommosa quando fredda. Un piatto che ho trovato particolarmente buono è una specie di nostro dolce/forte fatto anziché con la cioccolata con il succo di melograno: il Fersenjan che è una specialità di Isfahan ma l’abbiamo mangiato anche a Teheran. Altro piatto particolare è il Ta-digh o Ta-chin che è il riso del fondo della pentola quindi un po’abbrustolito servito con verdure o stufato di carne. Molto buona è anche il Borsgone, salsa di melanzane assaggiata a Kerman e la salsa allo yoghurt con bucce d’aglio ( si trova ovunque e non torna a gola) come
anche un’altra salsa verde di cui non ricordo il nome.
All’uscita del bazar vediamo la Moschea del Varik o del Reggente del 1600 edificata da Karim Khan ancora in restauro ma bellissima con un ampio cortile con vasca centrale e quattro logge ( Ivan) che caratterizzano tutte le mosche sciite insieme ai due minareti : nella loggia dove si trova il Minrabh ci sono una selva di colone che mi fa ricordare Cordoba. Infine vediamo la Arg Karim Khan cioè la cittadella fortificata all’interno della quale Karim Khan costruì il suo palazzo nel 1700. Lo stile architettonico è quello dei castelli sassanidi .All’interno c’è un grande giardino di aranci : si visita l’hamman, grazioso, ed alcune salette poco interessanti. Nonostante le cose visitate siano tutte belle ed interessanti Shiraz mi ha un po’ delusa. Per me Shiraz non è solo legata al vino ma mi rievocava l’ambiente delle fiabe persiane, una città orientale affascinante e misteriosa, invece la parte vecchia è relativamente piccola rispetto all’estensione della città e le nuove costruzione sono per lo più brutte e costruite senza un piano urbanistico. Inoltre adesso è inverno per cui si esalta il paesaggio brullo già desertificato dalla siccità che affligge l’Iran da qualche anno: a Shiraz per esempio il fiume è completamente in secca. Queste sensazioni sono però bilanciate dalla gente: gli iraniani sono così gentili ed orgogliosi della loro terra che all’immancabile domanda di tutti quelli che ci fermano per parlare “ ti piace l’Iran?” non si può che rispondere in maniera affermativa. In particolar modo sembrano entusiasti di noi italiani anche se la lingua più parlata dopo l’arabo è l’inglese che tutti i ragazzi parlano ( e qui la popolazione è molto giovane perché dopo la rivoluzione di Khomeini è quasi raddoppiata quindi più della metà è formata da under 30).
Al rientro nella parte bassa di Teheran, vicino alla zona dei musei pranziamo all’ Hotel Ferdowsi International , pranzo a buffet per € 6,5 ( uno dei più cari di tutto il viaggio ma anche uno dei più buoni). Il ristorante è affollato, tavolate di grandi famiglie iraniane perché oggi è Venerdì e quindi è festa. Dopo pranzo visitiamo il Museo del Vetro e della Ceramica alloggiato in un bel villino della fine dell’ottocento, residenza prima di un sovrano Qajaro, poi sede dell’ambasciata egiziana e dopo il 1978, anno della rivoluzione ,trasformato in museo. La villa ha delle belle decorazioni in stucco di gusto rococò ed una scala molto particolare: i reperti sono molto interessanti e ben esposti. Di seguito visitiamo il Museo del Tappeto anch’esso molto interessante. Alle 17 risiamo in albergo. Facciamo un giro a piedi nei dintorni, zona commerciale molto affollata e vivace, ma presto siamo di ritorno perché distrutti ed andiamo a letto senza nemmeno aver cenato.
28/12 Sveglia alle 5. Dopo colazione partiamo in autobus per l’aeroporto dove prenderemo l’aereo per Shiraz. Una soluzione di viaggio migliore sarebbe stata di volare direttamente da Istanbul per Shiraz e visitare Teheran al ritorno ma ormai è andata. Lungo il tragitto per l’aeroporto la nostra guida ci fa notare il Monumento Azadi, costruzione moderna fatta dallo scià ma diventata un simbolo durante della rivoluzione ed anche di Teheran.
Arriviamo a Shiraz dopo un’oretta. La città si trova a 1480 metri sul livello del mare ma non si direbbe: sarà per il bel sole che ci accompagnerà per tutto il viaggio, ma si sta proprio bene , non fa per niente freddo. Come tutte le città dell’Iran è piuttosto grande ( 1,5 milione di abitanti). L’Iran è molto grande, circa 5 volte il territorio italiano, ma è molto montuoso e con vaste zone desertiche quindi la popolazione di 75 milioni di abitanti è concentrata nelle città che sono tutte molto popolose.
Rientriamo in albergo l’Aryobarzan verso le sette. L’albergo è in ottima posizione, si va a piedi in 10” al bazar, ma le camere sono bruttine anche se pulite. Uno degli alberghi più caldi dormiamo con lenzuolo e finestra aperta. Gli alberghi sono sempre puliti ma vanno verificati gli sciacquoni perché spesso si bloccano: credo sia un problema di fognature centrali perché una volta, parlando degli immigrati afghani, ci hanno detto che fanno i lavori più umili come ad esempio pulire le fogne. La sera giro al bazar ( chiude alle 20) e per le strade del centro e cena con spiedini di carne.
29/12 Partiamo di buon mattino con il nostro pullman verso Persepoli ( km 50). Le strade iraniane, anche nelle città, sono piuttosto pulite ed anche in periferia non si vede sporco ai lati delle strade. Guardando fuori non si vedono né tracce di povertà ,né case fatiscenti, anche se l’estetica lascia un po’a desiderare.
Il sito di Persepoli non è tenuto molto bene: bagni indecenti, controllo inesistente ( anche se fanno lasciare borse e zaini). Della splendida città imperiale, una delle tre capitali achemenidi fondata da Dario nel 518 a.c., usata come città di rappresentanza per la sua magnificenza, non è rimasto molto. Da quello che è rimasto, come gli stupendi rilievi della scalinata dell’Apadana dove sono raffiguranti le 23 popolazioni sottomesse agli Achemenidi mentre portano omaggi nel giorno di Nowruz ( 21 marzo capodanno iraniano), si può capire la bellezza di questa città . Ma delle 370 colonne della città ne sono rimaste pochissime. La città fu distrutta da un enorme incendio ( non si sa se volontario o accidentale) dopo la conquista ed il saccheggio di Alessandro il Macedone nel 330 a.C.. Le colonne altissime ( 20 metri) erano tenute insieme da fermi di ferro che si fusero con l’incendio che si autoalimentò visto che tutti i soffitti erano in cedro. L’estensione del perimetro della sala del tesoro ci dà la misura delle ricchezze ivi contenute: Plutarco ci dice che Alessandro per portar via il bottino di guerra usò 25.000 tra cavalli e cammelli.
Persepoli è costruita su una terrazza artificiale alta 12 metri a piedi del Monte della Misericordia dentro il quale si trovano alcune tombe di sovrani: nell’area superiore si trovano i palazzi dei nobili, la sala delle udienze ( Apadana), la sala del Trono o delle cento colonne, mentre ai livelli inferiori ci sono le case dei servi. A questa piattaforma si accede da una scala monumentale in leggera pendenza perché doveva essere risalita senza difficoltà dai cavalli. L’ingresso alla città vera e propria è dalla monumentale Porta delle Nazioni, a guardia della quale stanno due tori dalla testa umana, veramente impressionante.
Nell’harem di Serse, ricostruito, si trova il museo di Persepoli, al momento della nostra visita chiuso.
Dopo la visita di Persepoli ripartiamo verso Naqsh-E Rostam. Lungo la strada ci fermiamo a Naqsh- e Rajab dove ci sono delle incisioni rupestri di epoca Sasanide. I re a cavallo sono Ardashir I e Shapur il grande ( Sapore) con il loro seguito. Proseguiamo per Naqsh-E Rostam che prende il nome dal più antico rilievo trovato in quel luogo: in esso c’è un uomo con un insolito copricapo che la gente del luogo ha indentificato come Rostam uno dei mitici eroi dello Shahnameh ( Il Libro dei re) che racconta la storia dei re persiani, dei cavalieri, del sistema di leggi, della religione, delle vittorie dell’impero e delle sue tragedie prima della conquista della regione da parte degli arabi, iniziando circa nel 5.000 a.C.. L’autore è Firdusi del 940 a.C., scrittore molto popolare in Iran che ha avuto merito di preservare la lingua persiana, codificandola nel suo poema, durante la dominazione araba.
A Naqsh-E Rostam si trovano quattro tombe Achemenidi scavate nella roccia ad un’altezza considerevole. Le tombe sono conosciute localmente come le «croci persiani”, data la forma delle facciate delle tombe. L’ingresso ad ogni tomba è al centro di ogni croce, che si apre su una piccola stanza, dove il re giaceva in un sarcofago. Una delle tombe è identificata da una scritta di accompagnamento per essere la tomba di Dario I il Grande ( c. 522-486 a.C.). Le altre tre tombe sono da ritenersi quelli di Serse I ( c. 486-465 a.C.), Artaserse I ( c. 465-424 a.C.), e Dario II ( c. rispettivamente 423-404 a.C.). Una quinta incompiuta potrebbe essere quella di Artaserse III, ma è più probabile che sia di Dario III ( c. 336-330 a.C.), ultimo dei dinasti Achemenidi. Le tombe sono stati saccheggiati dopo la conquista dell’impero achemenide da parte di Alessandro Magno.
La cosa più bella del posto a mio parer sono i bassorilievi. In particolare quello dell’investitura del re Ardašīr I (224/226-241) dove al fondatore della dinastia sasanide è consegnato il diadema della regalità da Ahuramazda, e del trionfo di Sapore I (241-272) dove viene raffigurata la vittoria di Sapore su due imperatori romani, Filippo l’Arabo (che implora la pace) e Valeriano che venne catturato, raffigurato in ginocchio.
Pranziamo in un ristorante dei dintorni a buffet che sono la cosa migliore perché ci permettono di assaggiare molti piatti diversi: ottimi gli spiedini di pollo allo zafferano e lo stufato cotto con piccoli limoni interi. La temperatura è gradevole e pranziamo all’aperto. Nei ristoranti si beve solo acqua, the e bibite ( compreso Coca Cola) ma non si trovano alcolici, né birra, né vino, anche se che gli Iraniani nelle loro case bevano tranquillamente l’uno e l’altro che comprano di sottobanco senza il minimo senso di colpa: la tradizione antica ( i versi di Hafez sul vino) prevale sulla fede islamica.
Nel pomeriggio visitiamo Pasargade la prima città fondata da Ciro il grande nel 546 a.C. che si trova a circa 90 chilometri da Persepoli. Le fonti ci dicono che un tempo Pasargade era piena di giardini collegati tra loro da canali ma adesso non molto è rimasto ed il terreno è del tutto brullo.
Il monumento più famoso di Pasargade è la tomba di Ciro il Grande. Essa è costruita su sei alti gradini che conducono alla sepoltura vera e propria. La nostra guida ci dice che quando Alessandro arrivò a Pasargade trovò dentro la tomba un’iscrizione che diceva: “ amico, chiunque tu sia, sappi che qui riposa Ciro, fondatore dell’impero persiano e dominatore del mondo. Non invidiargli il suo monumento.” e che diede ordine di non toccare la tomba. In seguito però la tomba fu depredata dai suoi soldati. Durante la conquista islamica della Persia, quando l’esercito arabo si trovò di fronte alla tomba decise di distruggerla. L’edificio si salvò grazie al fatto che i suoi guardiani riuscirono a convincere il comandante dell’esercito che la tomba non era stata costruita in onore di Ciro il Grande, bensì della madre del re Salomone. Come risultato di ciò l’iscrizione venne cambiata con un versetto del Corano .
Al nome di Ciro è legato il famoso cilindro scoperto nel 1878 dall’archeologo assiro-britannico Hormuz Rassam, durante gli scavi del tempio di Marduk a Babilonia. Il cilindro è stato descritto come la prima carta dei diritti umani nella storia umana. Alcuni passaggi del testo sono stati interpretati come espressione del rispetto di Ciro per l’umanità e di tolleranza religiosa. Secondo questa interpretazione, le generose politiche di Ciro come il sostegno per la libertà delle religioni locali e la repressione della tirannia, gli ottennero il sostegno dei suoi sudditi, ma molti studiosi fanno notare come la Mesopotamia abbia una lunga tradizione di simili dichiarazioni pronunciate dai re all’inizio del proprio regno.
Al calar del sole fa piuttosto freddo. La nostra guida si inginocchia davanti alla tomba di Ciro e recita una preghiera. E’ davvero stupefacente la devozione iraniana verso i propri antenati. Reza, la nostra guida spesso cita frasi o storie attribuite a Ciro. Una fatta apposta per i gelosi racconta che un giorno una bellissima ragazza andò da Ciro professandogli il suo amore. Cirò l’ascolto e poi le disse “ Guarda dietro di te c’è mio fratello che è molto più bello di me”. La ragazza si voltò dimostrando di non essere veramente innamorata di lui. Ma quella che mi è rimasta particolarmente impressa è una frase che dice “ Le mani che aiutano sono più sacre delle labbra che pregano”. Non so se sia veramente di Ciro ma è una frase molto bella.
Al rientro a Shiraz andiamo a visitare il Mausoleo di Shah Cherag figlio o fratello non ricordo bene del ottavo Iman, ma meglio conosciuto come il Mausoleo del Re delle Lampade. La moschea ha origine antiche ma la costruzione attuale risale all’epoca safavide del 1600 anche se la cosa che la caratterizza di più, cioè la decorazioni interna a specchietti, è del 1800. Per entrare le donne devono infilarsi una vestagliona che è gentilmente fornita all’ingresso e non si possono introdurre macchine fotografiche ma fanno passare i telefonini quindi non ci sono problemi a fare le foto. Dentro la moschea le donne chiaccherano, mangiano e dormono, sembra più un luogo di ritrovo anche se non mancano ferventi donne in preghiera che lasciano soldi e chiedono l’esaudimento delle proprie richieste. Veniamo fermate più volte da ragazze che vogliono parlare e farci domande: la cosa che più preme agli iraniani ( o almeno alle donne visto che noi abbiamo parlato solo con quelle) è saper cosa pensiamo di loro. Ci fanno un sacco di complimenti che noi restituiamo: la cortesia qui è d’obbligo. Di una compagna di viaggio che aveva detto che non apprezzava il loro modo di vestire, alcune ragazze si sono poi lamentate con me per la sua maleducazione.
30/12 Oggi abbiamo un lungo trasferimento perché da Shiraz dobbiamo raggiungere Kerman ( 7 ore di viaggio km 500). Dopo un paio di ore incontriamo il Lago Rosa di Maharlu molto bello con le montagne che si specchiano nell’acqua immobile. Attraversiamo le catene montuose di Agroz superando un passo di 2200 metri. Il paesaggio è brullo ma molto bello. Dopo ancora qualche ora incontriamo il Lago salato di Bakhtegan. Pranziamo al sacco con i panini preparati in albergo la mattina e la frutta che ci eravamo comprati ( si trova di tutto arance, mele, kiwi, banane). Per la strada ci fermiamo a comprare pistacchi, mandorle, noci e fichi secchi ( in Iran ci sono grosse coltivazioni sia di pistacchi che di fichi come anche di datteri, che abbiamo mangiato, i più buoni che io abbia mai assaggiato, ma non abbiamo visto le palme). Arriviamo a Kerman nel pomeriggio. Kerman è una città di tre milioni di abitanti a 1754 metri ed è riparata dal deserto di Dash-e Lut dai Monti di Payeh. E’ stata fondata nel 3 secolo d.C. dal re sasanide Ardeshir I, poi ha avuto varie dominazioni arabi, selgiuchidi, mongoli ecc. ma ha conservato la sua prosperità per la sua posizione sulla rotta per l’Asia. Uno dei principali centri di produzione di tappeti un tempo, fino a pochi anni fa era considerata solo come base per visitare Bam, la cittadella di fango distrutta dal terremoto del 2003, e come centro di smistamento della droga proveniente dall’Afghanistan attraverso cammelli addestrati all’uopo. A noi però è piaciuta. Da visitare il bazar del Valik e la Moschea del Jameh dalla bellissima facciata maiolicata con due minareti . Questa dei due minareti è una caratteristica delle moschee sciite perché quelle sunnite normalmente ne hanno quattro o sei. La moschea risale al 1350 ma è stata distrutta e rifatta in tempi moderni quindi all’interno non è niente di ché. All’interno del bazar ci fermiamo a bere un the e fumare un narghilè in un vecchio hamman riattato a casa da the, il Chayhaneh-ye Valik, vale veramente entrare a vederlo. Fa anche da ristorante ma solo a mezzogiorno. In Iran dopo la rivoluzione tutti gli hamman sono stati chiusi perché luoghi che potevano favorire l’omosessualità ( che in Iran insieme all’adulterio è sempre punita con la pena di morte)e la pedofilia ma a Kerman è rimasto l’unico bagno ancora aperto anche se solo per gli uomini. Il bazar è interessante , bellissimo il cortile dei ramaioli una grande piazza porticata. Qui ammiriamo la lavorazione del rame e i negozi di Pate che sono dei piccoli tappeti ricamati e non fatti al telaio, molto belli. C’è chi si compra il narghilè noi ci buttiamo su cardamomo ( ottimo nel the) e pistacchi. Dal venditore di spezie ci fanno assaggiare una polvere dolce che poi si scopre essere il viagra iraniano: una mistura di cardamomo, noci, datteri, pepe e non so che altro buona ma impasta la bocca. Sono iniziati i preparativi per il giorno del lutto, dappertutto bandiere e striscioni neri. Ceniamo in un ristorante all’occidentale non molto buono e poi andiamo finalmente al nostro albergo il Kerman Inn, modesto ma non male, dove crolliamo esausti.
31/12 Visto che oggi è giorno di lutto, ricorrenza della morte di Maometto, non possiamo visitare la prevista cittadella di Rayen, la cui visita ha sostituito quella di Bam dopo il terremoto del 2003, e quindi andiamo a visitare Kalut e direi che nel cambio ci abbiamo guadagnato. Kalut dista da Kerman 150km e si trova nel deserto di Dash-e Lut ed è caratterizzata dai cosiddetti castelli di sabbia, formazioni rocciose scolpite dal vento e dalla pioggia. Scorrazziamo felici per più di ora mentre i fotografi si scatenano. Sulla strada visitiamo l’oasi di Shahdad dove c’è un caravanserraglio in parte restaurato ( ci volevano fare un ostello). Ci fermiamo anche a visitare dei qanat o ganat, canali sotterranei costruiti già in epoca antichissima , addirittura in periodo elamitico ,ma sempre tenuti in funzione ed ampliati che portavano l’acqua dalle montagne percorrendo anche 60 chilometri. All’ora di pranzo siamo a Mahan che significa mezzaluna, un villaggio che deve la sua fama al mausoleo di Shan Nematolah Valì fondatore della confraternita dei mistici sufi, meta di pellegrinaggio. Per entrare si passano sette porte, il mausoleo da fuori sembra una basilica bizantina con l’aggiunta di una bellissima cupola azzurra e di 4 minareti. Ha un bel cortile con alti cipressi e vasca ghiacciata dove giocano i bambini. All’interno del mausoleo ,dietro mancia, si visita la stanza dove si ritirò in preghiera il mistico, tutta affrescata. In Iran le mance sono d’obbligo e si danno per qualsiasi cosa quindi se viaggiate da soli preparatevi, a noi pensa la nostra guida che dà un forfait per tutti noi.
A pochi chilometri da Kerman ci fermiamo a visitare i Giardini di Bagh-e Shahzadeh di epoca qajara una specie di giardino di Caserta in miniatura. Un giardino recintato al quale si accede da una bella porta e che consiste in una serie di vasche a cascata circondati da aiole di rose e alti cipressi. In alto la serie di vasche origina da una bella costruzione a due piani. In alto si può anche prendere un the o mangiare ( solo a mezzogiorno e la nostra guida lo sconsigliava) e si trovano anche i servizi igienici. Va detto che in Iran far pipì non è un problema : i bagni sono dappertutto ma quasi unicamente alla turca e privi di carta quindi bisogna munirsi di abbondanti scorte di fazzoletti ma se vi siete scordati non preoccupatevi , tutti gli alberghi o ristoranti sono disseminati di scatole di kleenex di cui poter usufruire.
La sera visto che è l’ultimo dell’anno ceniamo tutti insieme in un ristorante tipico nel quartiere zoroastriano dove , non si sa perché, ci è concesso di toglierci il foulard. Lì assaggiamo il borsgone una salsa di melanzane cotte nel latte mescolate allo yoghurt. Serata molto divertente. Nonostante la stanchezza facciamo la mezzanotte iraniana e balliamo sul nostro pullman.
1/1/2014 Visto che è il primo dell’anno, lunga la strada per Yazd ( 300km da Kerman), Reza , la nostra guida, ci dà spiegazioni approfondite sui festeggiamenti per l’ultimo dell’anno iraniano che cade nell’ equinozio di primavera ed è una festa, come si è detto, che deriva dall’impero achemenide e dallo zoroastrismo. Nei dodici giorni prima del Nowruz ( il capodanno) c’è il l Khane Tekani che consiste nella completa pulizia e messa a nuovo della propria casa ( le nostre pulizie di pasqua). Costituisce probabilmente un riferimento al rinnovamento della natura che avviene in primavera: la tradizione comprende anche l’acquisto di vestiti, arredi nuovi per la casa e la visita a parenti ed amici. In particolare queste visite reciproche ai famigliari ed agli amici stretti sono una componente fondamentale del Nowrūz iraniano e raggiungono l’apice nel giorno della festività vera e propria, in cui le persone si riuniscono intorno a una tavola apparecchiata con determinate cose( l’Haft Sîn) e consumano insieme un pasto e si scambiano doni un po’ come il nostro Natale. Il Sûrî è la festa del fuoco e si celebra l’ultimo mercoledì dell’anno. Costituisce una rappresentazione allegorica della luce (il fuoco) che sconfigge le tenebre, una tradizione che si ricollega perciò alle antiche origine della festa stessa. Durante la notte del Chahârshanbe Sûrî è tradizione uscire nelle strade ed appiccare piccoli e grandi falò, sui quali i giovani uomini saltano cantando dei versi tradizionali. Il giorno di capodanno si prepara la tavola con sette elementi che il loro nome inizia con ‘S’ in persiano ( Haft Sin). Il sette è un numero sacro e simboleggia i sette arcangeli con l’aiuto dei quali, quasi tremila anni fa, Zarathustra ha fondato la sua religione. L’haft Sin porta agli abitanti della casa fortuna, salute, prosperità, purezza spirituale e lunga vita, l’Haft Sîn è costituito anche dal particolare modo di disporre ed imbandire la tavola, che viene adornata nel modo più bello possibile, con fiori, il libro sacro seguito dalla famiglia, la bandiera tricolore persiana. I sette elementi sono : mela rossa ( la bellezza), soldi ( prosperità), pane ( sempre prosperità),spezie ( che danno sapore),aceto ( per ricordare l’asprezza della vita), l’aglio ( per la salute), i frutti di bosco. Inoltre può esserci uno specchio ( che è anche un usuale regalo di nozze) per riflettersi e meditare su chi siamo, pesci rossi ( se ne regala uno per ogni membro della famiglia) che rappresentano la vita, e semi germogliati che simboleggiano la nascita ,da preparare nelle famiglie dove ci sono figlie nubili. La tavola rimane apparecchiata per 13 giorni e nel tredicesimo tutta la famiglia va a fare un pic-nic.
Reza ci dà inoltre spiegazioni sul loro anno che è diverso da quello arabo perché i persiani calcolano sempre dall’Egira 622 d.C. da quando cioè il profeta Maometto dalla Mecca migrò a Medina ma il loro è un anno solare ( più accurato del nostro pare) mentre quello arabo è un anno lunare quindi alla fine gli anni sono diversi ( in Iran adesso è il 1393 mentre nel mondo arabo è il 1392) ed anche i mesi sono diversi perché i loro derivano sempre da quelli achemenidi.
Lungo la strada per Yadz visitiamo uno dei 900 caravanserragli costruiti dal sovrano safavide Shah Abbas I (1587-1629) lungo la via della seta insieme agli hamman ed alle scuole coraniche. I caravanserragli erano ad una distanza di un giorno di cammino l’uno dall’altro e servivano come ostello e deposito merci. Erano fortificati ed al loro interno si trovava una cisterna dell’acqua. Quello che visitiamo Zein-O-Din o Robat Zein-oDin è del 1600 e funge anche da albergo nel quale vale proprio la pena fermarsi una notte. Le camere singole sono un po’ tristanzuole ma le camerate con camere ricavate da strutture in legno chiuse da tappeti sono fantastiche. Il bagno è sia per le camere che per le camerate in comune ($ 50). All’interno c’è anche un ristorante /sala da the dove consumiamo il nostro pranzo al sacco. Sempre lungo la strada ci fermiamo a vedere degli alberelli di pistacchi che in questa stagione però ormai sono spogli.
Nel primo pomeriggio arriviamo a Yazd ma prima di entrare in città visitiamo il Tempio del Fuoco Ateshkadeh dove il fuoco arde da 1500 anni. L’edificio non è nulla di che ma Reza ne approfitta per approfondire le spiegazioni sullo zoroastrismo. Le origine non sono sicure sembra che Zaratustra sia nato nel 560 a.C.. E’ una religione monoteista che crede in Ahuramazda i cui precetti molto semplici ( pensare bene, parlare bene, agire bene) sono simboleggiati dai tre strati delle ali di un aquila i cui tre strati delle penne della coda simboleggiano invece l’opposto cioè il male ( pensare male, parlare male, agire male).Sopra l’aquila è rappresentato un sacerdote con la mano destra alzata nell’atto di preghiera che tiene invece con la sinistra un cerchio , un anello che simboleggia la promessa, il patto tra l’uomo e il Dio. Nello zoroastrismo il rapporto uomo/natura è molto stretto; ci sono 4 elementi sacri: terra, acqua, fuoco e vento. Tutto quello che c’è di buono nel mondo è stato creato da Ahuramazda, tutto quello che c’è di cattivo è stato creato dall’angelo del male. Gli insegnamenti di Zaratustra sono contenuti nell’Avesta il libro sacro. Accanto al tempio c’è un piccolo museo sullo zoroastrismo. Come si è già detto questa religione è sempre presente in Iran ma praticata da una piccola minoranza, 150.000 persone, anche se i precetti e le festività di questa religione fanno parte del tessuto culturale di ogni iraniano. Gli zoroastriani sono così pochi anche perché per loro non si può diventare zoroastriani, cioè convertirsi, ma bisogna nascere cioè essere figli di uno zoroastriano. Lo zoroastrismo anche se già esisteva in epoca achemenide, diventa religione di stato con i sacerdoti di corte in epoca sasanide.
Yazd è una città di due milioni di abitanti a 1230 metri, molto religiosa, situata tra il deserto settentrionale di Dash-e Kavir e quello meridionale di Dash-e Lot fondata in epoca sasanide (224-642), poi conquistata dagli arabi. Essendo un punto di sosta sulla via carovaniera prosperò sempre più ma nel 1700 iniziò il suo declino. A Yazd vediamo la cisterna di Giz con le sue 4 torri di ventilazione e la Piazza di Amirchkhmagh su cui si affaccia una costruzione a nicchie molto scenografica. Sempre sulla piazza si trova una culla di Hossein ( Nakhl): una gigantesca culla in legno che serve nel mese del lutto per le rievocazioni della morte del figlio di Alì. Le torri di ventilazione caratterizzano tutta la parte vecchia di Yazd ed anche i paesi nei dintorni: sono torri a quattro o sei lati più o meno alte che servivano a raffrescare l’aria nelle case ( Yazd d’estate è molto calda) o ad arieggiare le cisterne dell’acqua di modo che l’acqua non stagnasse e si imputridisse. Vediamo la moschea del Jameh o del venerdì dallo splendido portale maiolicato fiancheggiato dai due minareti ( simile a quello di Kerman) che si riflette nell’antistante vasca e bella cupola. Giriamo per la città vecchia veramente affascinante, tutta rosa. Passiamo dal mausoleo dei 12 iman, dalla cosiddetta Prigione di Alessandro, in realtà una madrasa . Vediamo un vecchio hamman adibito a ristorante il Hamun-e Khan ( ma la nostra guida dice che ci si mangia male). La città vecchia è molto carina e ci vorrebbe un po’ più di tempo per poter gironzolare pigramente per i vicoli. . Reza ci spiega il significato dei diversi batacchi delle porte. Visto che le donne non si potevano far vedere dagli uomini bisogna sapere chi bussava alla porta così se era una donna usava il batacchio ad anello che faceva un rumore diverso da quello usato dagli uomini dalla forma fallica. Notiamo che in alcune case c’è un batacchio solo: sono donne sole che possono ricevere solo altre donne e quindi levano il batacchio degli uomini.
Prendiamo il the in una delle belle case del centro restaurate ed adibite ad ostello la Kohan Kashanè. Dal tetto si gode una vista superba sulla città di Yazd con sfondo di montagne: è il tramonto e il panorama è suggestivo. La Kohan Kashanè ha un bel cortile con fontana centrale, che d’inverno viene chiuso, dove prendiamo un the caldo ( fa piuttosto freddo) ma le camere sono molto spartane anche sei bagni in comune sono moderni e puliti. Noi donne vediamo anche il mausoleo del fratello del settimo Iman Bogheh-ye Seyed Roknadin molto bello anche se deturpato dai ponteggi in ferro che gli impediscono di crollare. Anche lì tutte le donne cercano di parlarci, anche se sanno poco inglese non demordono, sono molto interessate alla composizione delle nostre famiglie, amano moltissimo vedere delle foto, io supero ogni aspettativa perché la famiglia ce l’ho dietro e la posso mostrare dal vivo. Gli occhioni azzurri di Fiammetta colpiscono molto anche se il fatto che non sia ancora sposata le stupisce molto. Penso che in realtà la vedono più grande di quello che sia perché le iraniane per contro sembrano molto più giovani di quello che sono capita di scambiare una trentenne per una coetanea di Bianca la mia figlia diciassettenne. In Iran lo scià aveva elevato l’età minima per sposarsi ma il caro Komeini pensò bene di abbassarla ai 9 anni. Comunque noi spose bambine non ne abbiamo viste ma può darsi che nei sperduti villaggi l’usanza continui.
Alloggiamo al Safayeh Parsian Hotel forse il più bell’albergo del nostro giro ma fuori dalla città, quasi 20” dal centro. Ottima cena a buffet nell’albergo per 250.000 rial ( 6,5 euro).
2/1 Partenza per Isfahan. Subito fuori Kerman, ad una quindicina di minuti dal nostro albergo, si trovano le Torri del Silenzio. Sono colline artificiali dove in cima venivano portati i cadaveri avvolti in un lenzuolo e lasciati mangiare dagli avvoltoi. Per la religione zoroastriana la terra è uno degli elementi sacri e seppellirci un cadavere vorrebbe dire contaminarla così veniva adottata questa tecnica. Le torri sono in disuso da una quarantina d’anni. Adesso in basso c’è un cimitero , non visitabile, dove i morti vengono messi in loculi di cemento armato. Saliamo in cima ma il panorama non è niente di ché. In basso ci sono varie costruzione interessanti: una cisterna dell’acqua e vari edifici dove venivano lavati e preparati i cadaveri e gli ossari dove venivano messe le ossa rimaste dopo che il cadavere era stato spolpato dagli uccelli.
Lungo le strade iraniane , ma anche nelle città, si vedono ai lati delle strade delle foto di giovani: sono i caduti della guerra Iran-Iraq. Ancora oggi, a trent’ani di distanza, vengono venerati come eroi. Alcune foto fanno effetto perché ritraggono dei bambini: pare che Komeini abbia mandato a morire per sminare i terreni, migliaia di bambini con la promessa che sarebbero andati in paradiso. L’Iran però non dimentica.
Verso le 10 ( 50 km circa) arriviamo a Meybod dove vediamo il caravanserraglio della madre di Abbas I molto più grande di quello del giorno precedente , tutto a mattoncini con un grande cortile con al centro un qanat coperto. Mi è piaciuto molto di più lo Zein-o-Din. Di fronte al caravanserraglio si trova la vecchia ghiacciaia , un edificio a cupola con una vasca interna a forma di cono rovesciato dove veniva fatta entrare l’acqua dall’alto che poi veniva ghiacciata a strati e così conservata fino all’estate. Poco distante, nella parte ovest della città, c’è il castello di Narein ( ingresso 10.000 rial) le cui origini risalgono al 4000 avanti Cristo. Fondata in epoca elamitica la cittadella costruita con mattoni di fango è stata usata fino al 1800. Si entra da un varco nelle mura esterne in grande piazzale. La nostra guida ci fa osservare la grandezza dei mattoni dalla quale si capisce che la costruzione è anteriore all’epoca sasanide perché il mattone di fango elamita ha misure diverse da quello sasanide ( più grande se non ricordo male).La cittadella aveva più cerchia di mura di cui rimangono dei frammenti su un lato; le abitazioni del popolo erano delle specie di grotte scavate alla base della fortezza, mentre le residenze degli ufficiali e dei notabili si trovavano in alto. Dall’alto della fortezza si ha una bella vista sulla città di Meybod che è grande ma ben conservata, una mescolanza di vecchie abitazioni con nuove ma senza brutture e palazzi, una città interessante che meriterebbe una giornata anziché una visita di un paio d’ore. Ripartiamo per Nain la città famosa per i suoi tappeti ,dove arriviamo verso l’ora di pranzo. Pranziamo in un ristorante affollato che non so perché mi fa ricordare i rifugi di montagna. Mangiamo per la prima volta pesce, una trota, buona. In realtà in Iran di pesce ce ne è parecchio almeno dal numero delle pescherie che abbiamo visto , proviene sia dal Golfo Persico che dal Mar Caspio , ma nei ristoranti viene proposto meno. Ormai abbiamo preso l’andazzo iraniano di fare un abbondante pranzo e una cena leggera ( o addirittura saltiamo).
Dopo pranzo visitiamo la moschea del Jameh una delle più antiche dell’ Iran ( la sua fondazione risale al VII secolo d.C. ma rifatta in epoca selgiudiche ( 1037-1157) molto interessante. La decorazione delle mura è ottenuta da un chiaro scuro di mattoncini sporgenti che formano vari disegni geometrici. Il mihrab è decorato a stucco con motivi che ricordano la decorazione delle nostre chiese romaniche ( coeve) e ci ricordano come in quel l’epoca ci dovessero essere molti più scambi culturali di quello che si pensa. Sotto il cortile della moschea c’è una moschea sotterranea usata sia come rifugio durante le invasioni che come moschea estiva, i cui archi ricordano le tende dei nomadi. La moschea ha un solo minareto. Di fronte alla moschea ci sono i resti di una piccola cittadella ormai in rovina.. Ripartiamo alle 15.30 ed arriviamo ad Esfahan verso le sei. Ci fermiamo davanti al ponte di Khaju , uno degli undici ponti della città, estremamente suggestivo di notte. Passeggiamo sul ponte, ammiriamo gli occhi luccicanti ( di notte) dei due leoni a guardia del ponte e ripartiamo sperdendo due componenti del gruppo che torniamo a prendere dopo qualche giro. Isfahan è bellissima peccato che anche qui il fiume sia in secca, anzi completamente asciutto perché è già tre anni che la diga a monte rimane chiusa ( viene aperta solo un giorno per il capodanno iraniano). Isfahan è attualmente una città grande ma non enorme per gli standard iraniani (1.600.000 abitanti ), una città fluviale situata sul fiume Zayandeh , ormai secco come si è detto, a un’altezza di 1590 metri sopra il livello del mare, nelle montagne dello Zagros. Anche i numerosi canali che percorrono la città sono secchi ed è un peccato, perché nonostante Isfahan sia comunque la più bella città dell’Iran , con l’acqua doveva essere ancora più bella. È la capitale della regione di Esfahan. Esfahān è una città molto antica, di epoca sasanide, fu conquistata dagli Arabi e poi dai selgiuchidi nel 1055 che la scelsero come capitale del loro sultanato. Fu poi occupata da Mongoli, che in seguito ad una rivolta degli abitanti saccheggiarono la città e sterminarono la popolazione, e dagli Afghani. Ma l’aspetto attuale della città risale al Cinquecento sotto la dinastia safavide con lo scià Abbas I il Grande.
Il nostro albergo Parsian Aliqapu Hotel è comodissimo in pieno centro di fronte al ponte Si-o-E o Ponte dei 33 archi anch’esso molto bello ma mai come il Khaju. In circa venti minuti a piedi raggiungiamo la grandiosa Piazza dell’Iman o Naqsh-e jahān che vuol dire “L’immagine del mondo” ( mt 500 x 160) costruita in epoca safavide da Abbas I, un grandioso progetto urbanistico che comprende la moschea del Venerdì ( la religione), il palazzo di Aliqapu ( il potere politico ), la moschea dello Sceicco Lotfallah ( in realtà nata come scuola coranica quindi la cultura) ed il bazar ( il potere economico):una Pienza in grande stile. La piazza di notte è molto suggestiva ma è bellissima a qualunque ora del giorno come scopriremo in seguito. Comunque la facciata della Moschea dell’iman va vista anche di notte.
Una cosa che colpisce dell’Iran è il traffico caotico ed il modo di guidare pazzesco. Per questo motivo un semplice attraversamento della strada diventa un giro della morte: nessuno rispetta i semafori ed anche se vi vedono in mezzo alla strada non rallentano. Nonostante ciò non i vedono molti incidenti ma, comunque sconsiglio vivamente di provare a guidare ma di affidarsi ad un autista locale ( a meno che non vogliate rischiare l’infarto).
Mangiamo per strada , come fanno molti iraniani stasera che è giovedì, il loro giorno prefestivo, un po’ come da noi il sabato sera. Per via del giovedì c’è molta gente per la strada. Assaggiamo i samosa ( i triangoli di pasta fillo ripieni di verdura o carne come quelli turchi o greci)e un piatto di granturco cotto con altre verdure e condito con maionese ( maionese iraniana che sa più di yoghurt che di maionese). Dal venditore di granturco abbiamo fatto una bella gaffe. Bisogna sapere che secondo il Ta’rof iraniano ( la loro etichetta) è cortesia da parte del negoziante , o tassista o chi per lui, dire che non vuol essere pagato ma altrettanta cortesia è insistere e pagare. Invece noi quando il negoziante ci ha detto che ci offriva il granturco lo abbiamo ringraziato e ce ne siamo andati. La nostra guida ci aveva messo in guardia dal non accettare inviti a cena o altre cortesie a meno che non venissero ripetute tre/quattro volte : solo allora è un invito vero ( e non un ta’rof) e si può accettare.
3/1 Partiamo con l’autobus ed andiamo nella parte opposta del fiume dove si trova il quartiere armeno di Jolfa. Durante il regno della dinastia safavide, lo shah Abbas I permise la costruzione del quartiere .Gli armeni, che lo popolarono, ebbero il permesso di professare la propria religione e costruirono monasteri e chiese tra cui la Cattedrale di Vank ultimata nel 1664.L’edificio rappresenta una felice combinazione dell’arte safavide con lo stile ad alte arcate delle chiese cristiane. La cattedrale di Vank è tutt’oggi il cuore della Chiesa apostolica e della comunità armena in Iran. Gli affreschi che adornano la chiesa narrano il martirio di San Gregorio e dei suoi seguaci. La chiesa è molto carica ma nell’insieme piacevole. All’interno del comprensorio della Cattedrale si trova un interessantissimo museo dove si trovano foto che documentano il genocidio degli armeni da parte dei turchi nel 1915, codici miniati, ed una incredibile incisione su un capello che si può vedere attraverso un microscopio. Ci spostiamo poi nuovamente nella parte opposta della città per vedere la più vecchia moschea di Isfahan cioè la Moschea del Venerdì o Moschea vecchia. Il nucleo originario, secondo la ricostruzione che è esposta appena si entra a destra , è molto antica risale al VII-VIII secolo dopo Cristo anche se dopo molti rimaneggiamenti ed ampliamenti la forma attuale risale all’epoca selgiuchide ( XI sec). E’ la più grande moschea dell’Iran , 28000 metri quadri. La moschea è bellissima e vale la pena di visitarla con calma anche perché è molto grande e c’è molto da vedere (noi ci siamo stati due ore). La decorazione è semplice come quella di Nain a mattoncini sporgenti. La moschea del venerdì rispetto alla piazza dell’Iman s trova dalla parte opposta del bazar. Vicino alla moschea c’è una nuova piazza moderna fatta ad immagine di quella dell’Iman ma leggermente più piccola. Quando l’abbiamo vista noi non era stata ancora completata. Tornati in Piazza dell’Iman, in un cortile interno vicino l’ingresso della moschea dello Scià Lofthallah, pranziamo nel delizioso Nagashe Jahan Traditional restaurant posto al primo piano con divani tradizionali, belle vetrate colorate e soffitto a specchietti dove assaggiamo il Beryani una sorta di macinato di agnello prima stufato e poi macinato e grigliato e servito nel pane. A parte si mangia il sugo di cottura della carne con pane e yoghurt ( per me sapore di montone troppo forte). Questo posto deve essere molto di moda perché è strapieno ( di iraniani) e bisogna far la coda. Mio marito fa lo splendido con un gruppo di ragazze iraniane che sembrano apprezzare molto. Qui le donne sono molto comunicative ed esplicite ed anche molto belle. La maggior parte ha il naso rifatto che qui va molto di moda,anche per gli uomini. Abbiamo visto moltissime ragazze con il cerotto sul naso a testimonianza di un’operazione appena fatta. Pare che la chirurgia estetica vada molto in generale.
Dopo pranzo visitiamo il Palazzo di Aliquapu, residenza di Abbas I con una bellissima terrazza con alte ed eleganti colonne di legno ( un po’ pericolante) che si affaccia sulla piazza e la particolarissima sala della musica all’ultimo piano. Poi il Mausoleo di Lofthallah costruito dallo Abbas I su progetto dello sceicco Lofthall suo suocero come scuola coranica, poi trasformato in moschea delle donne del sultano che ci accedevano direttamente dal Palazzo attraverso un corridoio sotterraneo.
Il resto del pomeriggio lo passiamo scorrazzando per il bazar. Compriamo zucchero cristallizzato allo zafferano e scatole di scagliette di zucchero aromatizzati ( allo zafferano, al cumino, allo zenzero ecc) molto carine anche da regalare, scatole di croccante di vari tipi mentre tralasciamo di comprare il loro torrone appiccicoso e zuccheroso. C’è chi compra il blocco intero: qui lo zucchero raffinato non si usa ( ma esiste): gli iraniani normalmente si mettono lo zucchero in bocca, che quindi deve essere solido, e poi bevono il the. Dicono che così è migliore ma io mi affogo e lo metto direttamente nel the. La cosa più bella acquistabile ad Isfahan , oltre agli omonimi tappeti, sono le miniature su osso di cammello: scatoline, portapenne, quadretti. Sono veramente bellissime. Ad Isfahan ci sono parecchi antiquari che vendono cose interessanti. Bisogna trattare perché sparano dei prezzi esagerati anche se gli Iraniani non sono né insistenti né dei gran trattatori. Non pensate a quelle interminabili trattative arabe : ditegli subito meno della metà e probabilmente ci avrete azzeccato.
I prezzi vanno sempre rapportati a livello di vita e se si pensa che tutti i negozi di artigianato vendono perlopiù ad iraniani e lo stipendio di un iraniano si aggira sui € 500 si ha la misura di tutto. Ad esempio la benzina che per noi non costa nulla per loro è cara. Nonostante questi stipendi bassi non si vede povertà in giro: nessuno chiede l’elemosina, non si vedono vagabondi e la cosa è quasi un po’ sospetta come se avessero voluto ripulire le strade per dare un’immagine migliore. Comunque la situazione per un iraniano medio come può essere un impiegato è davvero dura: la sanità pubblica è quasi inesistente per cui per farsi curare decentemente bisogna ricorrere al privato; il cibo è economico ma le case ( sia per affitti che acquisti) molto care; l’unica cosa che sembra funzioni bene sono le scuole che, per gli studenti bravi ( pare che gli esami di ammissione alle Università statali sia molto difficile), sono quasi gratuite. Un fattore positivo è che circa il 65% degli studenti universitari siano donne: l’adozione obbligatoria del velo integrale per le studentesse ha convinto anche le famiglie più tradizionaliste a mandare le proprie figlie a scuola e per le donne lo studio è diventato un elemento di riscatto anche se dopo laureate le donne trovano più difficilmente lavoro.
La situazione economica dell’Iran non è allegra. Stremata dalla rivoluzione prima ,poi dalla guerra durata otto anni con l’Iraq e infine dal dissennato governo degli integralisti che invece di costruire le raffinerie di petrolio hanno speso in armamenti ( come prima lo scià ). Così un paese produttore di greggio è costretto ad esportarlo e rimportare la benzina da paesi dove lo raffinano. La politica oltranzista degli ayatollah, da quel che abbiamo potuto vedere e sentire non condivisa dalla popolazione, ha causato l’embargo americano ed europeo peggiorando la situazione economica. In Iran non si vedono nostri prodotti, sembra però che chi ha soldi se li procuri al mercato nero. Le importazioni vengono dalla Cina o dalla Russia. Questo vale per i circuiti bancari: mi sono scordata di dire che qui le nostre carte di credito non funzionano quindi bisogna portarsi solo contanti ( dollari o euro). Nei negozi si vedono prodotti che fanno un po’ tenerezza goffe imitazioni, ma nulla a che vedere con le nostre che sono tali e quali, dei marchi di lusso, una marea di fast food con hamburger iraniani: l’unica cosa originale che si trova è la Coca Cola.
La sera ceniamo con qualche dolce acquistato nella pasticceria di fianco all’albergo, buona ma quella di Shiraz resta insuperata.
4/1 Andiamo subito a vedere la Moschea dell’Iman che ieri , per via della preghiera collettiva del venerdì, non avevamo fatto a tempo a vedere. Il portale d’ingresso con bellissime maioliche, è spostato rispetto all’orientamento della moschea. Il cortile è quello classico delle moschee sciite con quattro divan ed è interamene coperto da maioliche dal disegno raffinatissimo; ai lati ci sono due ulteriori cortili laterali con giardinetto centrale. La cupola dove si trova il mihrab, bellissima, ha un effetto stereofonico dovuto alla costruzione ( a doppia cupola con intercapedine), per cui parlando al centro si sente dappertutto.
Anche qui chiaccheriamo con un gentilissimo mullah. Dopo ci spostiamo alle spalle di piazza dell’Iman per visitare Il Palazzo Chehel Sotoon o delle 40 colonne. Le colonne che sorreggono il portico del palazzo simili a quelle del palazzo di Aliquapu, sono in realtà venti ma si riflettono raddoppiandosi nella vasca antistante . Il soffitto è decorato con specchi veneziani. Nella loggia c’è una bella vasca con fontane a forma di leoni. All’interno ci sono raffinatissimi affreschi di varie epoche. I più belli sono quelli nella fascia bassa che illustrano scene conviviali, di amor cortese, di danze, di gite al fiume , sempre presente la caraffa del vino: evidentemente i sovrani safavidi, pur mussulmani, non disdegnavano. Interessanti sono anche quelli esterni che rappresentano personaggi insoliti: sono le raffigurazioni degli stranieri in visita allo scià, c’è persino una donna a seno nudo ( la francese)!
Dopo aver visitato il palazzo prendiamo il nostro pullman e ci dirigiamo nella zona di Karladan ( circa una mezz’ora di tragitto) zona di produzione delle mele cotogne, dove si trova il mausoleo di Karladan , un mistico sufi del quattordicesimo secolo allievo di Shan Nematollah ( mausoleo di Mahn), incorniciato dalle famosi Torri Oscillanti che però adesso non le fanno più oscillare perché si sono create crepe nei muri ed hanno paura che caschino giù. Adesso che la particolarità di queste torri non è più osservabile il posto non è molto interessante. Proseguiamo sulla stessa strada fino a raggiungere il Tempio del fuoco, di epoca sasanide, è una montagna su cui si inerpica un sentierino con in cima una torre dove ardeva il fuoco sacro, pare sia antichissimo IV sec avanti Cristo. Il tempio fu distrutto durante l’invasione araba ( 642 d.C.) : il fuoco Marbin , ogni fuoco di un tempio aveva un nome, non si sa che fine abbia fatto. Pranziamo in una tavola calda con Berjani e spiedini.
Nel pomeriggio , rientrati nel centro di Isfahan vediamo il Palazzo degli Otto Paradisi o Harem del Sultano. Il palazzo, che ospitava l’harem del Sultano nella stagione estiva, era inizialmente collegato a quello delle 40 colonne attraverso un enorme parco adesso interrotto dalle strade moderne. Da fuori non è niente di eccezionale ma molto bello e raffinato nelle decorazioni interne anche se quelli che si sono conservati meglio sono i soffitti perché le pareti sono molto rovinate. Si visita solo il piano terreno perché al secondo piano ci sono pitture erotiche!!
Dopo la visita al palazzo riandiamo al bazar per le spese. Sulla strada entriamo in una fornitissima cartoleria dove vendono articoli per la pittura ed il disegno e Fiammetta si rifornisce di materiale per la scuola a prezzi vantaggiosi. Come si era detto il bazar di Isfahan parte dalla porta della Piazza dell’Iman collocata sul lato opposto a quello della Moschea dell’Iman e percorrendolo tutto, si arriva all’altra moschea del Venerdì. I negozi più belli , almeno per me, sono però sotto le logge della Piazza. Rientrati in albergo andiamo tutti insieme a vedere dei tappeti; nessuno compra, i prezzi non sono interessanti, ma è una visita piacevole perché vediamo dei bellissimi tappeti anche più belli di quelli del museo del Tappeto . A cena andiamo in un ristorante vicinissimo all’albergo, Sherazad Restaurant, molto carino dove si mangia anche molto bene ( ottimo il Fersenjan) ma i camerieri sono piuttosto antipatici. Anche qui spendiamo 250.000 rial ( € 5).
5/1 Partenza ore 8 per Kashan. Paesaggio è desertico e montuoso e spruzzato di neve. Lungo la strada parliamo della situazione iraniana, della corruzione dilagante e del sistema di potere , politico ed economico, instaurato dagli Aytollah .La parte ricca della popolazione sono sempre stati i commercianti ma adesso, non si muove foglia ( richiesta di un mutuo, acquisto di un terreno, avvio di una società) senza il pagamento di una tangente a qualche religioso o parente. Raccomandazioni e tangenti sono il motore dell’economia, insomma tutto il mondo è paese.
La nostra guida ci parla del matrimonio iraniano, dei diritti delle spose e dei matrimoni a termine ( sigheh), un modo elegante ed ipocrita per legalizzare le amanti. Quindi gli uomini, oltre a potersi sposare più di una volta ( fino a quattro), possono anche avere delle amanti senza però commettere peccato! Nel Sigheh l’uomo (sposato o no), e la donna non sposata (vergine, divorziata o vedova) possono concordare la durata del rapporto e l’importo della compensazione da versare alla donna. La condizioni di moglie temporanea è in genere tenuta nascosta agli estranei. Negli anni passati erano soprattutto motivi finanziari che spingevano la donna ad accettare il sigheh, ai nostri giorni, il matrimonio temporaneo viene utilizzato dai giovani per raggirare tutti i divieti delle leggi islamiche iraniane sui rapporti tra i ragazzi e ragazze.
Nel caso di matrimonio “vero” il promesso sposo deve versare una cifra ( può anche stabilirla e non versarla ma la donna può pretendere il versamento) che dovrà servire in caso di divorzio ( la percentuale di divorzi in Iran è altissima). La cerimonia si fa in casa. La fede deve essere molto bella, anello con brillanti o altre pietre, che dopo un anno viene cambiata con una fede normale. Le donne la portano ma gli uomini no, pare che l’oro diminuisca a prestanza fisica. Anche nel matrimonio si riflettono più le tradizioni zoroastriane che mussulmane, agli sposi si regala: uno specchio per portare luce e luminosità al futuro (quando la sposa e lo sposo si siedono e la sposa si toglie il velo, la prima cosa che lo sposo deve vedere nello specchio è il riflesso della sua futura moglie); zucchero cristallizzato, per addolcire la vita; spezie contro il malocchio (gli iraniani sono superstiziosissimi); pane, l’abbondanza; uova, a simboleggiare la fertilità; monete d’oro, per la prosperità, acqua di rose, per profumare; il Corano o altro libro sacro ma anche il libro di poesie di Hafez . Una curiosità, prima in Iran i nomi erano derivati dalla antica storia ( Dario, Ciro, Fabrizio) adesso esiste all’anagrafe un elenco dei nomi consentiti ( tutti islamici) così normalmente le persone all’anagrafe si chiamano con un nome ma poi ne usano un altro.
Arrivati a Kashan visitiamo subito l’hamman del sultano Amir-Ahmad. Molto bello con elaborate decorazioni in stucco ; si può salire sul tetto, molto particolare per la forma delle cupole, e da lì godere un bel panorama su Kashan. La prima sala dell’hamman serviva da spogliatoio ed era la sala dove si discuteva di affari o semplicemente si faceva conversazione; tutto intorno ci sono delle nicchie di marmo dove venivano riposte le scarpo mentre i vestiti venivano messi in scatole di legno decorate che abbiamo visto nei negozi del bazar di isfahan. Ci sono piccole stanzine dove veniva effettuata la depilazione: tutt’ora sia uomini che donne si depilano totalmente sia pube che ascelle. Poi ci sono le stanze del bagno turco vero e proprio e delle vasche calde. Kashan è una piccola cittadina, piccola per l’Iran visto che è due volte e mezzo Pisa, nella provincia di Isfahan, famosa per i suoi omonimi tappeti e per la produzione dell’acqua di rose. Fu una residenza estiva per i sovrani safavidi ma un terremoto ne ha distrutto quasi tutte le testimonianze. Rimangono però le bellissime case private del periodo qajaro ( 1800). Vediamo per prima la Tabatabaei, con grande cortile centrale dove la decoratissima facciata dell’edificio principale si riflette nella grande vasca, si vedono anche la cantina, le stalle, le residenze dei servi intorno ai due cortili secondari. Poi visitiamo la Borujerdi della quale abbiamo ammirato l’originale copertura a cupolette dal tetto dell’hamman. Qui ci sono dei begli affreschi con scene di caccia ma, molte stanze sono chiuse. Infine si visita la Abbasi. Le case sono tutte bellissime ma vorremmo aver avuto un po’ più tempo per andare a vedere il bazar di Kashan e la moschea. Compriamo quantità industriali di acqua di rose, profumi di rosa e biscotti all’acqua di rosa ( buoni!).
Ripartiti da Kashan ci fermiamo poco dopo alla collina di Tepe Sialk. Tepe Sialk non è una collina naturale ma quello che resta di un vecchissimo ziqurat di epoca elamita. I reperti scavati a Tepe Sialk risalgono al ottavo millennio prima di Cristo a dimostrazione che il sito è stato oggetto di uno dei primi insediamenti della storia . Il sito è per appassionati archeologi.
Arriviamo a Teheran verso le 17 ma raggiungiamo il nostro albergo dopo un’altra ora e mezzo a causa del traffico. La sera ceniamo in un posto molto carino a 15” a piedi dall’albergo dove festeggiamo il compleanno di Niccolò. E’ l’ultima sera , siamo un po’ tristi ma anche contenti di questo piacevolissimo viaggio. Ringraziamo la nostra guida che ha contribuito notevolmente all’ ottima riuscita di questo viaggio. Chi volesse contattarla cellulare 0098 9131120439 email [email protected]
In complesso abbiamo percorso circa 3400 chilometri ai quali si devono aggiungere i 950 chilometri fatti in aereo da Teheran a Shiraz.
6/1 Ci alziamo nottetempo per partire alle 5.00. Il nostro aereo parte alle 8.10 e l’autista vuol essere sicuro di farci arrivare alle 6.10, in realtà a quest’ora non c’è traffico ed in mezz’ora siamo all’aeroporto. Ci imbarchiamo come gruppo e sbrighiamo velocemente le formalità. Ad Istanbul ultimi acquisti al duty free ( a Teheran non c’era molta scelta nemmeno le sigarette)e di nuovo verso l’Italia dove arriviamo puntuali alle due del pomeriggio.